Il destino pensionistico di chi serve il Paese cambia improvvisamente direzione

Presidio Anpi in piazza del Nettuno a Bologna, protesta contro corteo patrioti, 10 Nov 2024

Il tema delle pensioni dei dipendenti pubblici è tornato con forza al centro dell’attenzione. Negli ultimi mesi, si sono succedute notizie che preoccupano migliaia di lavoratori del nostro Paese. Tagli, penalizzazioni e incertezze colpiscono chi da anni contribuisce al funzionamento delle nostre scuole, ospedali, uffici e amministrazioni. Capire cosa ci attende e quali impatti concreti potrebbero esserci, è ormai imprescindibile. E c’è un aspetto sorprendente: alcune delle misure avranno effetto anche retroattivo. Vediamo cosa significa davvero questa riforma e come potrebbe cambiare il destino pensionistico di molti di noi.

I nuovi tagli introdotti dalla Legge di Bilancio 2024

Con la Legge di Bilancio 2024, si è aperto un nuovo capitolo nelle regole previdenziali per chi lavora nella Pubblica Amministrazione. In particolare, chi aveva meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995 ed è iscritto a uno dei principali fondi di categoria (CPDEL, CPS, CPI e CPUG), rischia un taglio della quota retributiva della propria pensione. Un colpo duro, considerando che molte carriere sono state costruite proprio all’interno di queste realtà e che si pensava, fino a poco tempo fa, di poter contare su regole certe.

Le nuove regole sull’età pensionabile: cosa cambia dal 2025

Il Messaggio INPS n. 2491 del 25 agosto 2025 ha ufficializzato che, con l’innalzamento a 67 anni del limite ordinamentale previsto per la pensione, ogni pensione anticipata richiesta prima di quest’età subirà un taglio sulle aliquote di rendimento. Si tratta di una misura che colpisce direttamente chi sperava di andare in pensione qualche anno prima, introducendo di fatto una penalizzazione significativa.

I numeri dell’impatto: quanti saranno coinvolti e quanto si perderà

Le stime sono impressionanti: entro il 2043 saranno oltre 730.000 lavoratrici e lavoratori pubblici a subire la riduzione, per un totale di 33 miliardi di euro in meno sulle pensioni. I tagli cambiano in base allo stipendio:

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Effetti dei tagli in base alla retribuzione annua

Retribuzione annuaTaglio minimoTaglio massimo
30.000 €927 €6.177 €
50.000 €1.545 €10.296 €
70.000 €2.163 €14.415 €

Questi valori annui saranno percepiti ogni anno in meno sulla pensione, incidendo fortemente sulla sicurezza economica di chi aveva fatto altre previsioni per il proprio futuro.

Esclusioni e penalizzazioni: chi rischia di più

Un punto critico riguarda soprattutto chi ha tra i 65 e i 67 anni e desiderava approfittare della pensione anticipata: è stato confermato che non ci saranno deroghe sulle aliquote di rendimento per questo gruppo. La Uil-Fpl ha espresso grande preoccupazione per la scelta di escludere dalla tutela proprio chi ha lavorato negli enti locali, nella sanità, nella scuola o nella giustizia e si trova adesso nella fase decisiva della propria carriera.

Le altre criticità e il tema del TFR

Oltre ai tagli, resta aperto il nodo TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Nonostante le richieste della Corte Costituzionale, la situazione continua a penalizzare molti lavoratori, con lunghe attese per la liquidazione che diventano insostenibili. In più, si ipotizza che il TFR possa diventare uno strumento da utilizzare per anticipare la pensione, ma questa soluzione sembra più un escamotage che una vera tutela.

Il confronto con le vecchie riforme e le finestre di uscita più lunghe

Questa riforma si discosta anche dalla tanto discussa Legge Fornero. Oggi, il rischio è che chi ha iniziato presto debba lavorare fino a 48-49 anni di contributi se vuole evitare il taglio, con finestre di uscita allungate di fino a nove mesi solo per il pubblico impiego. Dal mio punto di vista, sembra un ritorno al passato, quando l’uscita dal lavoro era un miraggio lontano per molti.

I ricorsi e le iniziative dei sindacati

Davanti a questa situazione, la CGIL, la FP CGIL e la FLC CGIL hanno avviato ricorsi pilota, portando la questione sui tagli delle pensioni e sul TFR/TFS fino alla Corte Costituzionale. L’obiettivo è difendere i diritti dei lavoratori pubblici e tentare di contrastare decisioni giudicate drastiche da molte categorie coinvolte.

La stima è di 33 miliardi di euro di tagli cumulati sulle pensioni pubbliche entro il 2043: numeri che segnano una nuova era di incertezza per il settore pubblico.

Guardando in faccia la realtà, come cittadino che vive queste scelte sulla pelle e ascolta i racconti di tanti colleghi, sento crescere un senso di delusione misto a preoccupazione. Queste misure non incidono solo sulle aspettative economiche, ma toccano la dignità di chi ha fatto crescere il Paese dietro una cattedra, uno sportello o un camice. È importante restare informati e uniti.

In conclusione, il nuovo scenario previdenziale introduce tagli retroattivi e penalizzazioni che cambieranno il volto delle pensioni dei dipendenti pubblici. Le conseguenze sono concrete e misurabili: meno soldi in tasca e più incertezza per chi ha sostenuto l’Italia con il proprio lavoro. Riflessioni, aggiornamenti e confronti saranno sempre più preziosi per affrontare questa sfida.

  • Quali categorie di lavoratori pubblici sono più colpite dai tagli? Le categorie più colpite sono coloro iscritti ai fondi CPDEL, CPS, CPI e CPUG, in particolare chi non aveva almeno 15 anni di contributi al 1995 o chi va in pensione anticipata prima dei 67 anni.
  • Quanto si perderà mediamente sulla pensione? A seconda della retribuzione annua, i tagli possono variare da circa 927 euro a 14.415 euro all’anno.
  • La riforma riguarda solo chi andrà in pensione in futuro? No, la misura ha effetto anche retroattivo, interessando alcune posizioni già maturate.
  • Ci saranno nuove deroghe per salvaguardare chi è vicino alla pensione? Al momento le deroghe per chi ha tra 65 e 67 anni non sono previste e questo gruppo subirà i tagli come gli altri.
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